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Andres Segovia

Raramente, nella storia della nostra civiltà, è stato possibile assegnare ad un uomo solo il merito di un grande cambiamento , di una svolta epocale.
Per solito, colui che incarna la rivoluzione fino a diventarne la vera e propria effige, altri non è che un fortunato, il nano salito sulle spalle dei giganti suoi predecessori, l’uomo giusto al momento giusto. So is life.
Così anche per Andres Segovia, il più grande chitarrista di tutti i tempi, una leggenda moderna che ha attraversato un intero secolo?
Nato a Linares il 17 marzo del 1893 e morto a Madrid il 3 giugno del 1987 (quella sera stavo tenendo un concerto in trio e la nostra dedica andò a lui nds) egli approcciò lo strumento da autodidatta e seguitò a formarsi del tutto solitariamente, mettendo a punto una tecnica tanto personale quanto strabiliante nei risultati.
Un’innovazione per tutte, la mano destra, quella che pizzica: anziché attaccare la corda col polpastrello, egli sperimentò l’utilizzo dell’unghia, e questa opzione
(ai giorni nostri ultra consolidata nella pratica chitarristica dei concertisti e non solo) gli valse all’epoca l’isolamento dal mondo accademico, così pronto, allora come oggi, a manifestare sdegno e disprezzo verso il genio dell’intuizione.

Lui se ne infischiò, diventò più o meno manager di se stesso, e riuscì nell’impresa strabiliante di affiancare, nei cartelloni dei concerti, la chitarra classica agli strumenti nobili ed alteri, come i violini, come i pianoforti. Tutti correvano quando suonava il grande Segovia. La gente pagava, i compositori scrivevano per lui, lui se la rideva.

A disquisire di aspetti tecnici e storici, il rischio è quello di annoiare, l’altro rischio, più grave, quello di non andare mai in fondo alle questioni. Specie negli ultimi venti anni, molti sono stati coloro che hanno, per così dire, preso le distanze dal mito di Segovia. Illustri musicologi hanno sentenziato, anche giustamente, che a cavallo delle due guerre altri chitarristi, altrettanto valenti, avrebbero meritato pari onore e gloria.
Critici di chiara fama hanno puntato l’indice su varie deficienze della sua preparazione musicale di base, la divisione ritmica per dirne una, e hanno fatto a pezzi alcune delle sue più celebri interpretazioni impresse nel vinile. E così via.

Quel che ci sentiamo di consigliare al gentile pubblico è di ascoltarlo. Le sue incisioni sono di facilissima reperibilità e abbordabile prezzo. Nel suo repertorio si può trovare di tutto, dai grandi del Barocco come Bach e Handel, ai classici spagnoli, fino ad arrivare alla musica del novecento. Ce n’è per tutti i gusti. Certo, è roba classica. Roba vera, manipolata sì ma non così tanto, dove si sentono scricchiolii e fruscii, respiri e strani rumori di pentole in sottofondo. Pare che Andres registrasse in cucina, mentre la moglie cucinava. Ma questa sì, questa è leggenda.

Enrico Nazario su La Mosca Bianca, 2006
03 aprile 2006