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Scacchi cinesi, XIANG QI

La Cina avanza . Avanza in campo economico, sul piano culturale, a livello sportivo.
Impossibile non accorgersene. I Cinesi hanno imparato a fare tutto e lo fanno bene, i nostri mercati sono invasi dai loro prodotti di basso prezzo e buona qualità. I Cinesi hanno imparato a correre, a saltare, a tirare di scherma. Le avete viste le olimpiadi?
Gli Americani hanno ceduto il passo, gli Europei hanno accusato il colpo.
Anche la Ferrari, mito occidentale e nostro, si è scomodata per andare fin laggiù, nel Katai che fu, a fare la smorfiosa, ad atteggiarsi una volta di più prima fra le prime, bellissima fra le belle. Sembrano lontanissimi, ma non lo sono, i tempi in cui nella tristemente celebre piazza Tien An Men la polizia reprimeva nel sangue la protesta studentesca contro il regime. Siamo esseri senza memoria, in ciò la nostra maledizione e la nostra fortuna.
Qualcuno, affatto distratto, ricorderà lo straordinario successo che ebbe in Italia un libro scritto da un cinese, Acheng (Il Re degli scacchi 1989) nel quale rivoluzione culturale e rieducazione delle masse si intrecciavano al gioco degli scacchi nella vita del protagonista, fino a comporre un pregevole intarsio, tanto più interessante se rivisitato ai giorni nostri. La metafora esistenziale fornita dal gioco degli scacchi cinesi, in grande evidenza nel romanzo, risulta tanto più chiara se si pensa al fatto che nessun Re può essere inchiodato per sempre alla scacchiera, nessun re può vivere in eterno, il suo destino è quello di cadere, prima o poi. Leggete quel libro, non ve ne pentirete.
Per gli appassionati delle sessantaquattro caselle, invece, un invito: provate a giocare a scacchi cinesi. Sono assolutamente appassionanti e di facile comprensione. Vi sono numerose figure comuni, nel nome e nel movimento, a quelle degli scacchi internazionali. Troverete così Torri, pedoni e cavalli pronti a dare battaglia in modo del tutto simile a quello che già conoscete. Tra le diversità, che pure ci sono, la più intrigante e particolare è riposta nel movimento del Re, il quale non può mai uscire da un reticolo chiamato Castello. Imprigionato e circondato dai suo consiglieri, i Mandarini, che proprio come il loro sovrano non possono abbandonare il castello, il Re degli scacchi cinesi si dimostra assai più vulnerabile del suo collega internazionale, che, come certamente saprete, in varie situazioni di gioco può dimostrarsi invece molto forte e spregiudicato.
Per quanto esistano pochissime pubblicazioni tradotte almeno in inglese, ed in effetti il gioco dello Xiang Qi in Italia è praticamente sconosciuto, sarà semplice per il curioso appassionato reperire informazioni a riguardo navigando in rete. Basterà una semplice ricerca e il regolamento completo apparirà nella sua splendida semplicità. Scacchiera e pezzi ognuno se li procurerà da sé; disegnerà su legno o cartoncino, si industrierà, nessun problema. Gli appassionati di filosofia potranno dedicarsi alla lettura del Grande Libro dell’Arancio, ossia lo Xiang Qi della vita.
Di Xiang Qi ne parleremo ancora, ne vale la pena.

Enrico Nazario su La Mosca bianca , 2006
02 aprile 2006