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Il mio Tai-chi della chitarra

Randori di Enrico Nazario

Cosa importante è il comprendere che pure uno Scherzo musicale comporta una nota di serietà, allo stesso modo queste pagine, sia detto ciò innanzi a tutto.

Ognuno di noi ha una propria visione dell’esistenza e delle cose della vita. Chi non avesse mai meditato, ed anche profondamente, riguardo a cosa significhi vivere e vivere la musica, eviti la lettura di questo capitolo, che troverebbe certamente noioso e bizzarro. Al contrario, chi ha un animo indagatore e curioso, chi in un esercizio di filosofia spicciola e disincantata si è ritrovato mille volte ad interrogarsi sul significato delle stelle, ebbene, costui lo legga.

La malia delle sei note bianche si era già  fatta strada in me quando ancora, ad esclusione dei cartoni animati e dei fumetti, di Oriente e ciliegi in fiore non conoscevo nulla. Eppure il richiamo, ieri come oggi, è molto forte, e chissà  che domani io non comprenda il mistero di Sakura. Di ombre sui muri ne ho gettate molte, e il mare è qualcosa che navigo con la mente. Mi manca lo stretto rapporto col Vulcano, ma forse ho ancora del tempo.

Da piccolo ho praticato per un po’ le arti marziali, alla fine avevo anche una qualche bella cintura colorata; per un bimbo la cintura colorata è tutto, per un maestro nulla.

Il momento più bello della lezione era per me la preghiera iniziale, il saluto: non capivo quanto il maestro mormorasse in palestra in quei momenti, ma la sensazione era che egli si rivolgesse, in nome di noi tutti, a qualcosa di più antico e grande, dal nome incomprensibile ed impronunciabile, eppure onnipresente. Il maestro si rivolgeva in realtà  ad altri più grandi ed antichi maestri.

Qual è il significato profondo de il proprio vero maestro?

Solo un Samurai potrebbe rispondere a questa domanda. Un cane sciolto e scontroso, al contrario, impara dalla strada ed i suoi unici maestri sono i muri sui quali getta la sua ombra, le regole le comprende cammin facendo, smette di porsi domande e cerca un luogo lontano dai calci e dalla fame.

Il mio Tai Chi nasce dall’incontro in uno specchio d’acqua marina tra un Samurai ed un cane, poiché là  dove il primo inseguiva il suo maestro, quell’altro si dava da fare per proprio conto. Il tutto riflesso in un grande Blu. Una sorta di quadripartizione.

La musica è una disciplina, la vera Arte non può conoscere sregolatezza, ma solo Vuoto paradigmatico, il che non è affatto la stessa cosa.

Chiedete ad un Maestro cosa significhi Randori.

Nel momento in cui mi ritrovai a dover fare chiarezza sul mio modo di fare musica attraverso la chitarra, mi ritrovai a dover ricercare la chiarezza dentro me stesso.

Anelavo la nitidezza dei suoni, il cristallo, la fluidità  del fraseggio, ma tutte queste cose, che pure dimoravano nella mia mente, non affioravano e si perdevano lungo il sentiero, il circolo energetico, sotto forma di tensioni emotive e meccaniche. L’orecchio ascolta, la mente elabora, tendini e falangi operano, l’estremità  del nostro corpo mette in vibrazione e fissa una corda, l’orecchio riascolta e la mente rielabora. Il Tai Chi, o supremo fondamento, è un cerchio silente e privo di moto, poiché non vi è punto d’inizio né punto d’arrivo, e la disciplina del suonare allo stesso modo prevede che tutte le fasi sopra descritte si manifestino all’unisono, come a dire, suona nel silenzio per appropriarti di te stesso.

Se ancora state leggendo, sebbene non abbiate capito nulla, siamo sulla buona strada.

Nel Tai Chi, e nel mio particolarmente, non vi è nulla da capire, si tratta di lasciare che la suggestione penetri. Una delle parole più sciocche che spesso vengono accostate alle discipline orientali è consapevolezza. Scriveva Lao Tse “I maestri dei tempi antichi erano liberi e misteriosamente intuitivi, nella vastità  del loro spirito non sapevano di un Io e questa incoscienza della loro forza interiore ingigantiva il loro aspetto. Essi erano prudenti e freddi come un estraneo, elusivi e rudi, vasti ed impenetrabili, ed il loro non essere, in loro era perfezione.”

Nessun timore, vi sono anche insegnamenti spiccioli nel mio Tai Chi, facili da comprendere ed ancor più facili da utilizzare. Ad esempio, le corde: il principiante preferisce per solito una corda piuttosto tesa, la preferisce perché suona più forte ed è più stabile e longeva.

Chang San Feng insegna invece che “ciò che è flessibile prevale sempre su ciò che è rigido, e la morbidezza vince la durezza”.

Una corda morbida e meno tesa è molto più complicata da pizzicare in modo corretto, ma vibra il doppio, ha una proiezione di suono di molto superiore, non urla e non stride, canta. La cedevolezza Ju è un principio cardine, occorre imparare dal salice e dalla fionda, per avere accesso a queste realtà  logiche non à affatto necessario far ricorso agli insegnamenti del grande libro dei mutamenti.

Ma torniamo a noi,
l’amore innato per la nitidezza a scapito talora della grandiosità  conferisce all’arte quel tocco squisito e raro; tale visione è propria della chitarra, descritta a volte come tavolozza, come acquarello, come regina della forma gestuale.

Ed ecco allora perché mantengo una marcata lontananza rispetto alle nuove istanze, di gran moda, che tentano di accostare il mio prediletto strumento ad un tastiera, ad un pianoforte dai suoni tutti uguali e ugualmente possenti. Alle sonorità  algide e ieratiche, piatte ed equamente pesate, preferirò sempre la corda che vibra, in modo sempre diverso ma nitidamente, e perfetta nella sua imperfezione.

Le acque delle risaie fluttuanti, gli aquiloni al vento, i profili frastagliati dell’arcipelago furono tanto favorevoli allo sviluppo dell’individualismo negli antichi uomini del sole che nasce; i colori delicatamente sfumati delle stagioni e la purezza romantica che stempera l’anima avvicinarono costoro ai concetti taoisti di dio dell’orizzonte e di circolarità . L’orizzonte è quella linea vacua che media tra aria ed acqua. Porta con sé il concetto di spazialità  e lontananza.

Insegna con modestia, suona senza parlare.