Lo Yang è il soffio del Drago, l’energia vitale. Imparare a respirare significa permettere al soffio del Drago di pervadere il nostro corpo e realizzare la comunione tra corpo e mente altrimenti impossibile. Contrariamente a quanto si legge spesso, la disciplina non vuole allontanare la tensione dall’individuo, ma semplicemente metterla in equilibrio con la distensione. Osserviamo le mani di un chitarrista; una è chiusa a pugno mentre l’altra è aperta, nella più classica delle figure del Tai Chi.
Poichè suoniamo con le nostre estremità , limite estremo del nostro corpo, si comprende quanta importanza rivesta la distribuzione energetica capillare: in modo autonomo ed avulso da questo contesto, maestri di tutte le epoche hanno fornito i loro consigli e le loro regole per arrivare alla definizione di una tecnica meccanica e fisiologica in senso lato in grado di portare fino alla punta delle dita la grande forza di cui dispone un uomo.
Il mio Tai Chi, il mio modo, ha un’unica regola a riguardo: ascoltare il proprio corpo, sentire il flusso che si snoda dal punto centrale, normalmente situato a metà dell’avambraccio e anche più su, e seguirlo come si segue con gli occhi il corso di un torrente. Potete far ricorso ai dodici meridiani, se li conoscete, ma alla fine tutto quel che dovete realmente raggiungere è lo Jin , la forza interna. Potrete leggere decine di testi ad argomento posture ed ergonomia del musicista, essere informati su falangi e falangine, tendini mediani e tutto il resto, e tuttavia non venire mai a capo dei vostri problemi in ordine alla distribuzione dell’energia. Respirate e ascoltate. Dal centro al margine estremo. Seguite il torrente.
Fai questo esercizio, disponi le quattro dita della mano sinistra su quattro tasti di un’identica corda, avvicinati bene alle barrette ed apprezzane il contatto ai lati del polpastrello.